Mi sembra difficile ragionare sulle implicazioni dell’approccio strategico senza avere alcune consapevolezze di cornice: ci sono stati sicuramente dei cambiamenti nello scenario, non è necessario essere addetti ai lavori per aver notato, penso anche come professionisti inseriti all’interno di organizzazioni, i cambiamenti che hanno contraddistinto le organizzazioni, in quest’ultimo periodo. Si tratta di organizzazioni sempre più complesse da un mercato che richiede forme di risposta specifiche, in tempi molto ristretti. Abbiamo assistito a grandi modifiche all’interno delle organizzazioni: riorganizzazioni, grandi ristrutturazioni e strutturazioni globali, questo ha comportato delle conseguenze, pertanto i cambiamenti dello scenario su cui concentrerò la mia attenzione su diversi livelli. Un primo livello è relativo alle organizzazioni, in quanto avendo visto l’avvicendarsi di cambiamenti all’interno delle organizzazioni si sono modificati anche i modelli di intervento al loro interno. Le figure professionali legate all’ambito della psicologia del lavoro si sono in qualche modo sviluppate e sempre più specializzate. La stessa psicologia del lavoro ha visto in quest’ultimo ventennio un aumento di complessità dei paradigmi psicologici e di analisi organizzativa. Queste sono variabili interrelate fra di loro alle quali vanno aggiunti i cambiamenti che sono intervenuti nella vita delle persone, i cambiamenti di lavoro, tutti sentiamo parlare di flessibilità del lavoro, quindi cambi di lavoro repentini, cambiamenti nel lavoro, c’è una attenzione all’interno delle organizzazioni ai processi organizzativi, come dire, non ci si può più limitare a controllare il proprio spazio, perché dove inizia e finisce il mio lavoro, inizia il lavoro della funzione che viene subito dopo di me. Comunque, cambiamenti nel lavoro sicuramente, un’attenzione ai processi organizzativi, processi a 360°, le funzioni commerciali, marketing, produzione devono essere collegate. Cambiamenti anche per lavoro, vogliamo parlare della innovazione tecnologica che sicuramente ha prodotto notevoli cambiamenti nel lavoro delle persone, quindi alla luce di tutte queste variabili sicuramente si è assistito anche a differenti richieste da parte delle organizzazioni. A fronte di quanto precedentemente esplicitato, c’è stata una richiesta di processi di sviluppo organizzativo, è aumentata anche la formazione, anche l’attività di ricerca, però a fronte di questi cambiamenti, di queste riorganizzazioni si è avuta l’esigenza di rivolgersi a professionisti che si occupassero di consulenza, consulenza organizzativa, consulenza intesa come prendersi cura dell’organizzazione in modo globale, sempre meno specialistico, prendersi cura di parti di essa.

Le organizzazioni molte volte vengono associate ad immagini antropomorfe, come dire, l’organizzazione vuole da me questo, l’organizzazione si aspetta da me quest’altro, tendiamo ad attribuirgli dei connotati umani. Ora, non dimentichiamoci che le organizzazioni sono delle strutture dove obiettivi, ruoli, norme, cultura, si esprimono attraverso le persone, cioè i gruppi di individui che danno vita e anima alle organizzazioni stesse e nel momento in cui io provo a leggere l’organizzazione che mi chiede un intervento, devo tenere in massima considerazione sia la cultura organizzativa sia gli obiettivi a livello organizzativo di gruppi e di individui.

Sia ben chiaro che gli obiettivi devono essere contestualizzati, cioè obiettivi professionali legati a quello specifico contesto organizzativo. Allora io, come consulente, devo avere la massima priorità nei confronti dell’individuazione di un metodo funzionale che consenta l’attribuzione di valore e di differenti obiettivi, li devo tenere praticamente ad uno stesso livello.

Su questo strumento torneremo poi, successivamente con l’analisi di una serie di aspetti, quelli che chiamavo i fattori distintivi, le caratteristiche distintive. Però è imprescindibile parlare di consulenza organizzativa senza tenere in considerazione alcune tipologie di consulenza organizzativa.

Consulenza medico-paziente è quel tipo di consulenza in cui come potete notare il cliente sembra conoscere a grandi linee il problema e aiuta anche in chiave diagnostica il consulente, nel cercare di capire cos’è che non và, ma la diagnosi viene effettuata, esplicitamente verbalizzata dal consulente ed è lui che deve proporre un intervento, non a caso parliamo di consulenza medico-paziente.

La consulenza dell’esperto, invece, è l’occasione in cui il cliente ha già identificato e definito il problema, ha chiara la diagnosi ed il tipo di domanda. Un esempio: c’è un manager che decide di voler riorganizzare una funzione specifica, vuole riorganizzare il lavoro all’interno della funzione marketing. Il tipo di intervento che chiede al consulente è collusivo con il problema che lui pensa di aver rilevato.

Nella consulenza strategica all’interno delle organizzazioni il cliente si sente disagio e non ha una conoscenza specifica del problema, chiede al consulente di aiutarlo per cercare di comprendere cosa accade, cos’è che non va. Attraverso l’esplorazione, abbiamo sentito in queste due giornate molti riferimenti alle tecniche esplorative, il consulente ha come obiettivo strategico quello di fare in modo che il cliente stesso con il suo aiuto, con il suo supporto a fare una diagnosi del problema e a definire le possibili soluzioni al problema. Come possiamo notare la principale caratteristica distintiva della consulenza strategica sta nel mondo in cui il consulente imposta le relazioni con il cliente. Quindi, come dire, è posta un’attenzione differenziata alla relazione che si instaura tra il cliente e il consulente.

Altro punto importante è che il cliente partecipa attivamente alle fasi diagnostiche e alle fasi di risoluzione del problema, perché non dimentichiamoci che il problema è del cliente e la soluzione in qualche mondo deve venirci da lui, perché sarà poi lui ad implementarla, a realizzarla all’interno dell’organizzazione e quindi il cliente è portato ad assumersi la responsabilità finale della decisione operativa e di tutte le azioni che dovranno essere intraprese. Quindi, qui ho riportato due aspetti fondamentali, l’obiettivo prioritario del consulente è quello di aiutare il cliente ad impostare la corretta sequenza di azioni che portano alla soluzione e in tal modo il cliente usa se stesso per produrre cambiamento ed è in grado di apprendere dei processi che gli saranno utili nella corretta gestione, o nel riaffacciarsi di nuovi problemi. Una competenza che dura nel tempo e che in qualche mondo vorrebbe incrementare la sua capacità di diagnosi e risoluzione dei problemi. Per entrare più nello specifico possiamo dire che la consulenza strategica all’interno delle organizzazioni pertanto, ha una sua dimensione squisitamente interazionale, così come abbiamo visto c’è uno stretto rapporto tra il cliente e il consulente. Prevede tempi , strumenti precisi e contestuali e mira ad una coprogettazione con il cliente, quindi coinvolge sia il cliente che il consulente in un processo di diagnosi congiunta, cioè una sorta di intento cooperativo che coinvolge sia il cliente che il consulente nella individuazione del problema e nella individuazione e nella attuazione delle soluzioni da realizzare successivamente. Lo scopo principale è quello di aiutare il cliente a compiere questa diagnosi e a sviluppare un valido piano di azione.

Utilizzando una frase di Schein, il cliente deve imparare a vedere da solo il problema nel corso della sua partecipazione al processo diagnostico ed essere attivamente impegnato nella generazione di una correzione. Credo che un po’ come nella relazione up down tra terapeuta e paziente, in questo contesto specifico, quello organizzativo, molte volte può capitare che nel momento in cui il cliente mi chiede un aiuto, io consulente mi muova con determinati preconcetti, nel senso che a me viene chiesto un particolare intervento, è lui che ha il problema.

Attraverso la consulenza strategica, così come la stiamo vedendo e delineando, vediamo che questa relazione viene in qualche modo pareggiata. Cioè entrambi gli attori possono e devono intervenire per la definizione del problema e l’attuazione di una soluzione, c’è una copartecipazione di entrambi. Ora arriviamo ai fattori distintivi.

Quali sono le caratteristiche dell’approccio strategico negli interventi di consulenza organizzativa? Io qui ne ho sintetizzati alcuni, però avendovi detto in anticipo che si tratta un po’di una sfida, di attivare, come dire, dei ragionamenti su questi ben vengano tutti i suggerimenti al riguardo. Sicuramente c’è un’attenzione rivolta al processo ed al contesto, al processo perché c’è una circolarità della relazione in cui viene attribuita agentività a tutti i soggetti coinvolti, c’è sicuramente un’interazione cliente committente e cliente finale, c’è tutta l’idea del processo.

A noi interessa il cosa viene proposto, il cosa viene realizzato ma dovrebbe interessare parallelamente il processo e come viene realizzato.

Una centratura sul contesto favorisce anche una riduzione del livello di aggressività, come vi dicevo in anticipo sullo strumento di lettura, la famosa lista della spesa e dovrebbe quindi consentire anche una riduzione della resistenza al cambiamento e un più facile raggiungimento dei risultati.

Oltre all’attenzione rivolta al processo ed al contesto ecco qui che ritorna nuovamente l’analisi della domanda. L’analisi della domanda è fondamentale nel momento in cui io mi trovo a contatto, a colloquio con il mio cliente, perché implica una ricerca di attribuzione di senso alla domanda che il cliente rivolge al consulente.

Moltissime volte la domanda che mi fa il cliente, non è la reale domanda. Spesso lo si sente dire quando si parla di contesti terapeutici. Molto probabilmente la domanda che mi viene posta dal cliente è sottesa a mantenere l’esistenza al cambiamento. Ad esempio, mi può chiedere un intervento di riorganizzazione, di una funzione che è già stata riorganizzata più e più volte ma magari il problema che c’è sotto è una inefficace gestione del personale, per esempio. Attraverso che cosa io faccio questo attento lavoro di analisi della domanda? Attraverso l’esplorazione, perché appunto il consulente dovrebbe utilizzare tecniche di tipo esplorativo e sempre meno tecniche interpretative, visto che c’è questo coinvolgimento forte del cliente. Consentendo in tal modo ai suoi interlocutori, committenti, clienti finali che vengono coinvolti sicuramente dalle azioni che verranno messe in atto di esprimersi e di proporsi come agenti attivi del cambiamento.

Un altro aspetto rilevante è l’attenzione rivolta al processo del contesto: analisi della domanda, analisi della cultura organizzativa. Perché devo analizzare la cultura organizzativa? E’ fondamentale, perché una centratura esclusiva sugli obiettivi che prescinda da un’analisi della cultura organizzativa potrebbe nuovamente tra le varie cose innalzare il livello di aggressività dell’organizzazione e fare in modo che gli obiettivi proposti vengono percepiti come non propri e che il consulente sia percepito come: il solito consulente mi propone una cosa, viene propone e se ne va, ma poi noi la dobbiamo realizzare e non sentiamo come nostra.

Come anche un’ulteriore punto distintivo dell’approccio strategico all’interno dei contesti organizzativi è rappresentato dalla definizione degli obiettivi: attraverso la formulazione di ipotesi, attraverso l’uso di metodi e strategie funzionali, io devo in qualche modo rispondere agli obiettivi che mi sono prefissata insieme cliente e devo utilizzare come vi dicevo prima un metodo funzionale. Il consulente rappresenta un pò un esperto di metodo, presenta nuove ipotesi di lavoro in relazione alla significatività e tipologia degli obiettivi che l’organizzazione intende perseguire.. Il consulente strategico punta inoltre alla massima valorizzazione delle risorse delle persone, sostiene le persone nell’individuazione di strategie personali e lavorative più efficaci e anche nell’espressione e valorizzazione di capacità e potenzialità che siano congruenti con gli obiettivi dell’organizzazione. Come dire, io tengo in considerazione gli obiettivi personali/ professionali delle persone, ma che in qualche modo devono essere congruenti con l’organizzazione, perché altrimenti non ha senso che quella persona rimanga all’interno di una determinata organizzazione. In tal modo la relazione cliente consulente acquista quindi, una connotazione differente, perché attraverso la consulenza strategica si stabilisce una forte simmetria nella relazione, c’è un orientamento metodologico che favorisce la cooperazione durante le fasi di diagnosi e di gestione, risoluzione dei problemi, c’è una relazione che permette sia il cliente che al consulente di operare sulla realtà attraverso l’analisi dei vincoli delle opportunità. Attraverso l’analisi dei vincoli delle opportunità che quel problema ha e attraverso l’analisi dei vincoli delle opportunità della soluzione che io voglio promuovere faccio in modo che si resti aderenti alla realtà. Di seguito evidenzio una serie di azioni a sostegno di questa relazione così partecipativa tra cliente consulente, cioè una ricerca attiva, che consenta di raccogliere tutte le informazioni possibili sulla situazione corrente.

  • Ascolto attivo – Empatia. La capacità di costruire e mantenere una relazione di aiuto è di grande importanza, non solo nei contesti terapeutici ma in tutti i tipi di consulenza, anche nel caso della consulenza organizzativa.
  • Chiarezza, circa il problema che si sta cercando di risolvere attraverso l’utilizzo di un canale di comunicazione chiaro.
  • Diagnosi e pianificazione congiunta poichè, come vi dicevo prima, il problema e la soluzione appartengono esclusivamente al cliente. I clienti devono essere aiutati ad individuare quale tipo di aiuto devono ricercare, che cosa si debba migliorare e come si debba farlo in una cocostruzione di soluzioni. Una finalità è anche aiutare il cliente ad aiutarsi da solo, la capacità di imparare ad imparare, che possa essere utile nel ripresentarsi del medesimo problema del futuro.
  • Ruolo del consulente strategico. La figura del consulente si profila all’interno dei contesti organizzativi come una nuova figura che ha soprattutto una funzione di orientamento e di negoziazione, di mediazione nei processi lavorativi ed utilizza come strumento privilegiato l’analisi del contesto e della cultura organizzativa. Perché dico questo? Perché, come dicevamo prima, il consulente all’interno delle organizzazioni è un esperto di metodo, dovrebbe avere questa funzione e dovrebbe anche assolvere alla funzione di mediatore sociale.
  • Esperto di metodo, perché dovrebbe facilitare il perseguimento di una soluzione soddisfacente per il cliente e realistica, vi ricordate vincoli e opportunità, vantaggi e svantaggi, sul piano della fattibilità a livello organizzativo, è inutile proporre una cosa che esula del tutto dal contesto, dal problema presentato dal cliente è che sia anche difficilmente perseguibile.
  • Mediatore sociale perché ha una funzione di mediazione tra il cliente e la situazione critica e rappresenta il tramite attraverso cui gli attori organizzativi possono cogliere tutta la complessità organizzativa e costruire diverse possibilità di azione di intervento. Perché mediatore sociale? Perché il cliente che analizza la propria situazione critica , la analizza da un punto di vista soggettivo. In questo modo viene stimolato dal consulente a prendere in considerazione punti di vista differenti dal proprio ed a focalizzare l’attenzione su alcuni elementi di realtà, come dicevo quali vincoli e opportunità legati al particolare evento.

Per concludere quindi, quali sono le finalità della consulenza strategica? Sviluppare questo intento cooperativo fondamentale attraverso lo stabilirsi di una relazione forte tra cliente consulente.

Perché sviluppare l’intento cooperativo? Per la diagnosi e la gestione e la risoluzione di problemi e per incrementare la capacità di imparare del cliente. Lavorare secondo un’ottica che consente il conseguimento efficace degli obiettivi prefissati.

Fornire al richiedente gli strumenti per saper scegliere in modo consapevole e produttivo nei diversi momenti del percorso professionale e lavorativo. La persona può cambiare se sviluppa competenze e skills promuovendo e attivando le risorse del soggetto.

Sviluppare il potenziale umano sicuramente è inteso come la promozione di queste competenze, ma non solo. Noi in qualche modo, promuoviamo anche l’attivazione di risorse attive, in modo tale che il cliente abbia quella funzione di agentività di cui prima parlavamo.

Vogliamo incrementare la capacità di imparare del sistema cliente e conseguentemente dell’organizzazione.

Dott.ssa Vania Vona

 

Bibliografia

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