TRAUMA: CONTESTI, CURA E PREVENZIONE

VENERDì 25 GENNAIO dalle 14 alle 17:30, presso la nostra sede in Viale dell’Oceano Atlantico, n13 – Roma (metro Laurentina),  l’Istituto Strategico è lieto di invitarvi al primo pomeriggio di studio del 2019.

L’evento TRAUMA: CONTESTI, CURA E PREVENZIONE è organizzato con la partecipazione dell’associazione Camera MInorile di Capitanata e Unicef.

La partecipazione è gratuita, aperta a Studenti/e e Laureati/e in Psicologia e Medicina, Psicoterapia e Avvocati/e e verrà rilasciato un attestato ai/alle partecipanti. I posti sono imitati ed è necessaria la prenotazione.

Per info e prenotazioni chiamare al 348/8449878/ 0645445779 oppure scrivere a info@istitutostrategico.it

Il pomeriggio studio sarà articolato così:

14 – 14:15: Saluti. Dott.ssa Francesca Mastrantonio, Psicologa, Psicoterapeuta, Sessuologa – Presidente IIRIS, Direttore didattico Istituto Strategico – Dott. Andrea Stramaccioni, Psicologo, Psicoterapeuta – Clinica Armonia, Vicepresidente IIRIS, Direttore Scientifico dell’Istituto Strategico.

14.15 – 14.45: Il trauma: contesti, cura e prevenzione. Dott. Stramaccioni.

14:45 – 15:15: Diritti negati nei rapporti familiari. Risarcimento dei danni. Avvocata AnnaLucia Celentano, Vicepresidente Camera Minorile di Capitanata & Avvocata MariaEmilia De Martinis, Presidente Unicef Foggia.

15:15 – 15:45: Vittime, vulnerabilità e giustizia. Dott.ssa Vera Cuzzocrea, Psicologa Giuridica e Psicoterapeuta – Vicepresidente di PsicoIus Scuola romana di psicologia giuridica, Comitato docenti Istituto Strategico.

15:45 – 16:15:  Psicotraumatologia nel Contesto Ospedaliero: gli Interventi di Pronto Soccorso Psicologico. Dott.ssa Lucia Bernardini – Psicologa, Psicoterapeuta, Coordinatrice Didattica e Docente Lumsa, UCSC e Università Cattolica del Sacro Cuore, collabora con il Servizio Day Hospital di Psichiatria Clinica e con il Servizio “Dipartimento Emergenza e Accettazione” del Pronto Soccorso del Policlinico A. Gemelli di Roma.

16:15 – 16:45: Amatrice, i casi. Dott.ssa Alessandra Celentano, Psicologa Psicoterapeuta, socia IIRIS, coordinatrice progetto “Un fiore per Amatrice”.

16:45 – 17:15: L’intervento psicologico nel post trauma per grandi e piccoli supereroi. Dott.ssa Mastrantonio.

17.15 – 17.30: Riflessioni e domande.

 

 

 

 

 

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Sconti e agevolazioni

L’Istituto Strategico – Scuola di specializzazione in psicoterapia strategica dell’associazione IIRIS vi offre la possibilità di iscrivervi al prossimo anno accademico 2019 usufruendo dei seguenti sconti e agevolazioni:

  • Sconto del 50% sulla quota di iscrizione alla scuola di specializzazione  per gli/le studenti/esse che porteranno un/una a nuovo/a iscritto/a;
  • La scuola ritiene indispensabile un percorso di psicoterapia interno. Qualora si fosse già svolto un percorso di psicoterapia personale, dopo valutazione e approvazione del Comitato direttivo, è possibile prevedere il riconoscimento del percorso precedentemente svolto. Questo comporterà una riduzione di 450,00 € sul pacchetto forfait dell’area clinica del primo e secondo anno con l’impegno a frequentare un gruppo di psicoterapia della scuola per almeno 20 h complessive al fine di sperimentare su di sé l’esperienza terapeutica del modello.

Inoltre…

La scuola propone sconti e agevolazioni per coloro che sono iscritti/e o hanno completato con profitto il Corso Specialistico in counseling psicologico ad impostazione strategica:

  • riduzione di € 1.000,00 sulla retta annuale complessiva del 1° anno della Scuola di specializzazione in psicoterapia strategica;
  • per le materie che si ripetono nei due corsi la frequenza è obbligatoria solo per uno dei corsi frequentati;
  • per chi proviene da PsicoIus e dall’IISS è previsto uno sconto del 50% sulla quota di iscrizione per il primo e secondo anno di corso. Le materie che si ripetono nei due corsi non sono obbligatorie;
  • per chi proviene da Pianeta Psicologia è previsto uno sconto del 20% sulla quota di iscrizione per il primo anno di corso.
  • per coloro che hanno partecipato agli eventi dell’IIRIS o della scuola è previsto uno sconto del 10% sulla quota di iscrizione per il primo anno di corso.

Ricordiamo che se paghi subito paghi meno: sconto di 300 € (quota di iscrizione) se scegli di pagare la retta in unica soluzione.

Infine…

Per le iscrizioni che perverranno:

entro il 31 luglio è previsto uno sconto di 350 € sulla retta del 1° anno,

entro il 30 settembre è previsto uno sconto di 250 € sulla retta del 1° anno,

entro il 31 ottobre è previsto uno sconto di 200 € sulla retta del 1° anno,

entro il 30 novembre è previsto uno sconto di 150 € sulla retta del 1° anno

Tutti gli sconti e le agevolazioni non sono cumulabili.

Borse di studio per premiare chi si distingue e vuole migliorarsi

L’Istituto propone 3 borse di studio assegnate a discenti del primo anno.

Borsa 1: riduzione di 800€ al 1° e 2° anno accademico, Borsa 2: riduzione di 800€ al 1° anno accademico, Borsa 3: riduzione di 500€ al 1° anno accademico.

Saranno premiati coloro che:

– hanno seguito i nostri eventi,

– hanno un CV accademico di alto profilo,

– un reddito non elevato e/o sono fuori sede.

Per partecipare alle selezioni sarà necessario essere iscritti al 1° anno, aver presentato formale richiesta di partecipazione alla selezione, aver inviato il cv e un CUD che attesti la situazione reddituale della persona o della famiglia.

Tutti gli sconti e le agevolazioni non sono cumulabili e sono validi per le iscrizioni che perverranno entro il 15 dicembre.

Per maggiori informazioni contattare la segreteria o inviare una mail a info@istitutostrategico.it

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L’amore è solo una questione di “tempo”: quattro consigli pratici per le coppie

 

Il segreto del tango sta in quell’istante di improvvisazione che si crea tra passo e passo. Rendere l’impossibile una cosa possibile: ballare il silenzio”.
(Carlos Gavito)

Il comportamento comunicativo non ha un suo contrario, non c’è alcuna notte che ci aiuta a riconoscere cosa sia il giorno: non esiste una non comunicazione, l’attività e l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore di mettere in comunione, perché influenzano gli altri i quali, a loro volta, non possono non rispondere, il processo non si ferma mai.

Quindi, Non si può non comunicare. La non-comunicazione è impossibile, perché qualsiasi comportamento comunica qualcosa a noi e agli altri ed è impossibile avere un non-comportamento. Per quanto una persona con la sua passività e i suoi silenzi trasmetta la volontà di non comunicare con un altro individuo, sta comunque inviando un messaggio, e quindi, comunica di non voler comunicare.

Qualunque cosa fai o dici, qualunque scelta o qualunque atteggiamento assumi, comunica alcuni aspetti di te stesso agli altri in maniera involontaria magari, non intenzionale e non conscia o addirittura inefficace, ma diciamo sempre qualcosa di noi stessi per rapporto ad un altro.

La domanda, quindi, non è “se” una persona stia comunicando, ma “cosa” e “come” lo stia facendo, anche tramite la sua apparente assenza.

Due estranei che si trovano per caso a viaggiare nello stesso treno molto probabilmente eviteranno il dialogo, ma tale silenzio rappresenta un’interazione comunicativa, alla pari di una discussione accesa.

La comunicazione è dunque un processo circolare perché c’è sempre un feedback, cioè una retroazione da parte del ricevente ed è continua perché è un insieme ininterrotto di scambi.

Coloro che sono direttamente coinvolti nella comunicazione scelgono poi un proprio personale punto di inizio sulla base del punto di vista da cui osservano e descrivono la scena, ma qualsiasi operazione è arbitraria e racconta di chi la ha eseguita, non determina alcun oggettivo rapporto di causa – effetto.

Questa modalità di suddividere le sequenze della comunicazione è chiamata punteggiatura.

Esempio: i due coniugi si attribuiscono l’un l’altra la responsabilità della loro difficoltà a comunicare. La moglie: “io brontolo perché ti chiudi in te stesso”; il marito: “io mi chiudo in me stesso perché tu brontoli”.

Quattro consigli pratici per le coppie che potremmo utilizzare per migliorare i processi comunicativi sono i seguenti:

  1. Guardate in mezzo: Smettete di guardare a quello che c’è dentro la vostra testa e concentratevi su quello che succede tra di voi;

  2. Accogliete realtà diverse: la realtà emerge nel linguaggio attraverso il consenso, per cui accettate che esistano tante realtà quanti sono i linguaggi;

  3. Scegliete il tango: i tempi della comunicazione sono fondamentali: quelli individuali della persona devono trovare una struttura di coppia, la cosiddetta “danza”.

  4. Coltivate il silenzio: ogni giorno scegliete di guardarvi negli occhi per cinque minuti, da lì esploderà il messaggio che cercavate.

Vivere la comunicazione come una danza significa principalmente la ricerca di un dialogo, fatto di fantasia, improvvisazione, ma che abbia una coreografia che consenta alle persone di comprendersi.

Può essere triste, allegra o seria; non esiste un unico stile efficace, bensì un’infinità variabilità, cioè “una possibilità infinita” nel creare passi, stili nel legarsi, questo è il luogo dell’incontro e affinché origini cambiamenti ha bisogno di cura.

La flessibilità e la possibilità di evoluzione della coreografia che le persone co-creano consente di non far sparire la magia e di non farle ritrovare ai lati della pista ad osservarsi, sole.

Andrea Stramaccioni

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Open Class 2018

Gli Open Class sono dedicati a studentesse/i e laureate/i in Psicologia e Medicina.

Vieni a conoscere il nostro modello, passa una giornata con noi. Sperimenta un momento di classe aperto e condiviso. Ti aspettiamo!

Gli eventi sono gratuiti ed è richiesta l’iscrizione che è possibile effettuare telefonando al numero 06/45445779 o inviando una e-mail all’indirizzo info@istitutostrategico.it

Le prossime date sono:
venerdì 14 Dicembre dalle ore 15:00 alle ore 19:00,Elementi di Psicologia dello Sviluppo.

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La terapia senza il paziente, quando gli/le Adolescenti sono in difficoltà!

La terapia senza il paziente, quando gli/le Adolescenti sono in difficoltà!

Che fare se vostro figlio/a adolescente, pur affrontando un momento critico, decide di non farsi aiutare da nessuno, neppure da voi, e avete l’impressione che si allontani da voi e dalla realtà che lo circonda.

Atteggiamenti improntati sugli agiti, a volte aggressivi, l’uso di sostanze stupefacenti, o atteggiamenti di chiusura e di ritiro sociale: questo ciò che alcuni genitori notano nei figli/e adolescenti senza che riescano ad entrare in contatto con loro.
In questi casi molti genitori dopo aver provato in tutti i modi di capire e aiutare il figlio/a tentano di far iniziare una psicoterapia al ragazzo/a.
Se questo riesce e il ragazzo/a inizia una psicoterapia riuscendo ad instaurare una buona alleanza terapeutica, e si affida al/alla terapeuta, la prognosi è positiva. Ma cosa accade quando i nostri/e ragazzi/e si rifiutano di iniziare il percorso psicologico?
Sicuramente costringerli non sortirebbe un buon effetto, è importante per gli/le adolescenti essere riconosciuti come individui capaci e autonomi e non come bambini incapaci di scegliere per se stessi. Inoltre iniziare una psicoterapia senza essere motivati al cambiamento o quanto meno senza valutarne l’opportunità che questa può fornire è spesso fallimentare.

É però utile considerare ogni adolescente come un individuo immerso in un sistema, fatto di relazioni, che non solo egli influenza ma dal quale viene influenzato, in un processo di scambio continuo.
In quest’ottica cambiando la realtà circostante e il modo che gli altri hanno di comunicare con lui/lei gli si potrà offrire la possibilità concreta di un cambiamento (di fatto l’opportunità è per L’adolescente ed anche per la sua famiglia).

È utile la terapia senza il paziente, quindi con i genitori, per lavorare su dinamiche interne che vanno a smuovere il sistema e raggiungere obiettivi declinati in azioni concrete che possano essere ben visibili a tutti i membri della famiglia.
Questa modalità implica che curando le relazioni familiari si possano curare anche gli appartamenti della stessa. Il paziente assente fisicamente sarà in realtà costantemente presente nella terapia.
Durante la terapia è interessante verificare con i genitori quanto loro siano coinvolti nelle manifestazioni di disagio del proprio figlio/a. Sentirsi parte attiva del processo li aiuta a credere nella possibilità di poter essere anche gli autori di cambiamento e benessere.
La proposta della terapia senza il paziente è utile quindi per smuovere e attivare delle risorse e far lavorare intanto il sistema (i genitori che vogliono e auspicano un cambiamento per sè e per il proprio figlio/a) influenzando poi il paziente “escluso’.

dott.ssa Alessandra Celentano

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Come mai è così difficile chiedere aiuto

Quante volte vi è capitato di pensare di chiedere aiuto a uno psicologo, per voi stessi/e o per qualche caro. Ma perché é così difficile andare dallo/a psicologo/a?

Sono molti i fattori che influenzano questa scelta; tra i tanti sicuramente c’è il fattore di tipo culturale.

Per molti chiedere aiuto significa aver fallito tutto, L’idea di non essere riusciti da soli a stare bene è una grande umiliazione. Riuscire ad accettare l’idea di doversi fare aiutare è fonte di grande imbarazzo.

Sembra poi uno stile tutto italiano quello di stare “benino”, “insomma”, “non c’è male”, guai a stare “bene”, “benissimo!” Abbiamo una sorta di scaramanzia che è sempre meglio accontentarsi di ció che si ha.

Nello stesso empasse, seppure su un versante diverso, c’è chi crede che lo psicologo è per i “matti”. (Che poi chi sono i matti?) Poco si conosce in effetti della psicologia improntata sul benessere e non sulla psicopatologia. Nell’immaginario lo psicologo serve solo in casi disperati, le persone si sdraiano su lettini dove piangono e piangono fino ad esaurire le lacrime.

Spesso è difficile e doloroso comprendere che davvero si ha bisogno d’aiuto e ancor più difficile è fidarsi e affidarsi a qualcuno, lo psicoterapeuta.

Molto spesso il cambiamento spaventa più del malessere. Nelson Mandela diceva che “ciò che ci spaventa di più è la nostra luce e non le nostre ombre”. Si preferisce vivere con disagio per timore che le cose possano cambiare e chissà come sarebbe uscire da quella situazione, questo pensiero spesso crea ansia ancor di più che il malessere in sè.

Le persone compiono molti tentativi per lenire il proprio malessere e utilizzano delle tentate soluzioni di auto cura che però, molto spesso, alimentano la problematica e non aiutano la persona ad ottenere il miglioramento auspicato.

Alcuni disturbi, poi, possono essere i responsabili della compromissione della volontà di curarsi, provocando l’isolamento della persona.

I dati dell’OMS ci dicono che i disturbi psicologici, in particolare i disturbi d’ansia e depressione, sono in grande aumento.

Entro il 2020 la depressione sarà la seconda malattia più diffusa dopo le malattie cardiovascolari.

La scelta di andare o meno dello psicologo è una scelta delicata e importante. Può voler dire mettere in discussione la propria stessa identità, guardando in modo nuovo se stessi e tutto ciò che è stato fino a quel momento, Relazioni familiari, dinamiche e intrecci relazionali. Sicuramente l’idea e la paura di poter stravolgere la propria vita attiva un angoscia maggiore di quella che spesso smuove la persona a chiedere aiuto. Tuttavia quanto potrebbe essere più doloroso non prendersi cura di sè e rimanere ancorati a situazioni a ruoli e dinamiche velenose.

Stare bene, benissimo, è possibile senza che nulla di brutto possa accadere! Il cambiamento è possibile! E nulla cambia se il paziente per primo non è deciso a cambiare e ad evolvere!

Rendetevi liberi/e di essere voi stessi/e!

“Sentì il bisogno di cercare subito un ponte, una connessione, un riferimento, tra sé e quello che gli stava, muto, nell’anima”


Dott.ssa Alessandra Celentano

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Genitori imperfetti

La differenza tra una madre buona e una cattiva non sta nel commettere errori, ma in ciò che si fa degli errori commessi.
D.W. Winnicott

Diventare genitori porta cambiamenti rivoluzionari, il senso di autoefficacia viene costantemente messo alla prova. Sono moltissime le domande che affollano la mente di un neo genitore. Una tra tutte è, come essere un buon genitore, come far crescere il proprio figlio/a sicuro di sé, felice e libero/a nel mondo? Sicuramente un elemento fondamentale che aiuta le persone a sentirsi bene, ed è trasversale per tutte le fasi di vita, è l’autostima.

L’autostima si può definire come la considerazione e la valutazione che si fa su se stessi. Essa è fondamentale poiché consente un adeguato riconoscimento delle proprie competenze e capacità. Una buona autostima conferisce al soggetto la capacità di affrontare e agire in modo efficiente di fronte alle sfide basilari della vita.

Molti stati di disagio psicologico riflettono una carenza di autostima basata su una valutazione negativa di sé. Quando accade la persona rivela un senso di inadeguatezza non utilizzando nel modo migliore le sue potenzialità e innescando un meccanismo di fallimenti.

Ad esempio secondo Beck (1967) le autovalutazioni negative sono una componente fondamentale nei disturbi depressivi e fanno sì che il soggetto si senta inadatto alle relazioni intime, non meritevole e sperimenti una serie di sconfitte che lo portano a senso d’impotenza e depressione.

Sembrerebbe che la relazione del bambino con una figura di riferimento disponibile affettivamente consenta al bambino di sviluppare un’immagine di sé positiva (autostima) e di costruire quelli che Bowlby chiamava “modelli operativi interni” (Bowlby, 1980), schemi di aspetti affettivi e cognitivi costruiti grazie alle relazioni primarie, quelle con i genitori. Quindi Il legame che il bambino sperimenta precocemente in questa relazione con l’adulto di riferimento, modellerà i successivi legami, poiché l’individuo, nel momento del contatto con l’altro, porta con sé tutto il bagaglio delle esperienze precedenti.

Nasciamo come esseri relazionali e come tali siamo forniti di un set di comportamenti per stimolare l’adulto a risposte di accudimento e protezione. Dunque, nei primi anni di vita il bambino sviluppa la propria identità in base alla relazione positiva o negativa instaurata con le figure di accudimento e il modo di valutarsi avviene in età molto precoce e si forma in base all’interazione con l’ambiente (Stern,1985).

Detto questo care mamme e cari papà non temete, non esiste la perfezione, ma solo genitori accoglienti e consapevoli.

Probabilmente vi starete chiedendo Come i genitori possono sostenere uno sviluppo positivo dell’autostima del proprio figlio/a? Favorendo un attaccamento sicuro, quindi garantendo l’ascolto dei bisogni fondamentali e dando sostegno emotivo consentendo al bambino di sviluppare la convinzione di essere amato e amabile.

Winnicott, che noi mamme amiamo e ringraziamo profondamente per averci liberato dal senso di colpa e dall’inarrivabile perfezione, per uno sviluppo sano e indipendente del bambino/a auspica a una madre “sufficientemente buona”.

La madre sufficientemente buona si prende cura del suo bambino/a supportandolo/a e contenendolo/a con ansie e preoccupazioni ma trasmettendogli/le sicurezza e amore sintonizzandosi sui suoi bisogni.

La sicurezza interiore e il senso di autostima richiedono la capacità di integrare due bisogni: il bisogno di essere se stessi e il bisogno di appartenere.

Quindi L’essere autonomo nella relazione, il divenire in grado di allontanarsi dalla famiglia sono strettamente connessi al senso di fiducia in sé, e ciò è più facile se si ha avuto una madre responsiva e non invasiva o invischiante. Da una buona esperienza di appartenenza si sviluppa una funzionale capacità di autonomia.

Più Contenete e condividete momenti e giochi con i vostri figli/e da piccoli più saranno in grado di andare liberi nel mondo da adulti.

Dunque ascoltate i vostri figli/e dando loro sempre la possibilità di esprimere le emozioni qualunque esse siano. Utilizzando un educazione empatica il soggetto può diventare protagonista attivo delle proprie relazioni e della propria vita riconoscendo le proprie caratteristiche personali e percependosi come persona competente e in grado di gestire la propria vita.

Dott.ssa Alessandra Celentano

 

– Anderson E, Redman G; Rogers C. (2001), Come sviluppare l’autostima del bambino, TEA Milano.
– Beck A. T. (1977), Cognitive Therapy and Emotional Disorders, International Universities Press, New York.
– Bowlby, J. (1980), Attaccamento e perdita, vol.3: La perdita della madre, Bollati Boringhieri, Torino 1983.
– Bowlby, J. (1988), Una base sicura, Cortina, Milano 1989.
– Giusti, E; Testi A. (2006), L’autostima Sovera Multimedia, Roma.
– Winnicott D. W. (1965), Sviluppo affettivo e ambiente, Armando, Roma 1968.

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La storia del pianista impossibile e della creatrice di macchine per abbracci

Il musicista era alto 97 cm e pesava 27 chili, a causa dell’osteogenesi imperfetta.

Il musicista, alto 97 centimetri e 27 kg di peso, è Michel Petrucciani e tutto questo non gli ha impedito di diventare uno dei più ‘grandi’ pianisti e compositori di jazz.

La sua è stata una vita tanto luminosa, che lo portò ad esibirsi sui palchi di tutto il mondo, quanto dolorosa: il pianista infatti era affetto da osteogenesi imperfetta, una rara malattia congenita conosciuta anche come sindrome dalle ossa di vetro o di cristallo, che priva le ossa del calcio necessario per poter sostenere il peso del corpo e che impedisce la crescita.

Gli ostacoli per lui rappresentavano l’occasione di perfezionarsi “Ma sono sicuro che se non ci fosse stata la musica mio fratello avrebbe lasciato qualcosa in un altro campo. Lui voleva vivere, prima di tutto. L’obiettivo era cercare un senso, capire qualcosa del mondo: da dividere poi con gli altri.” (Petrucciani L.)[1]

Data la sua particolare statura, infatti, smise di usare il pedale di risonanza – quello che permette alle corde di continuare a suonare anche dopo che non si tiene più premuto il tasto – e questa scelta lo portò a costruire un proprio stile inimitabile e precisissimo e a realizzare delle note davvero incredibili.

Le persone non comprendono che per essere un essere umano non è necessario essere alti un metro e ottanta. Ciò che conta è ciò che si ha nella testa e nel corpo. Ed in particolare ciò che si ha nell’anima“.
Michel Petrucciani

Le vite delle persone famose che hanno incontrato nella loro esistenza la disabilità hanno avuto la possibilità del racconto, la parola ha rappresentato una possibilità di uscire dal processo di marginalizzazione.

Il filosofo francese M. Focault, in uno scritto riguardante gli internati di Parigi, scriveva del resto delle persone: “Tutte queste vite destinate a passare al di sotto di qualunque discorso e a sparire senza mai essere dette, non hanno potuto lasciare delle tracce, brevi, incisive, spesso enigmatiche, che nel punto del loro istantaneo contatto con il potere”.

Nella prospettiva strategica il linguaggio, la modalità particolare e unica con cui ciascuna persona costruisce la realtà, è centrale, perché genera pratiche discorsive e fatti che hanno un potere di influenza molto forte nei percorsi di carriera delle persone.

Per capire la disabilità come esperienza, come cosa vissuta, abbiamo bisogno di ben più che di “fatti” medici per quanto questi siano necessari per determinare l’intervento. Le nostre esperienze devono esprimersi con le nostre parole. […..] E’ vitale insistere sul diritto a descrivere le nostre vite, la nostra disabilità e prendersi gli spazi e le occasioni per poterlo fare” (S. Brisenden, 1986).

E’ molto importante pulire il luogo della narrazione del sé dai vincoli del linguaggio specialistico: “Anche nel campo della disabilità ci si trova di fronte allo stesso problema: l’emergere del linguaggio medico-specialistico che classifica le persone disabili, le descrive attraverso i loro deficit e diventa la forma esclusiva, mettendo sotto silenzio le vita dei disabili. In questo senso la disabilità può essere interpretata anch’essa come la follia, un’assenza di opera, in quanto entrambi sono linguaggi che tacciono, che non si narrano né si manifestano” (M. Focault, 1961).

La prospettiva strategica guarda al linguaggio specialistico come l’espressione di un particolare punto di vista, una particolare “percezione”, che non ha caratteristiche assolute o definitive; è una prospettiva che integra le diverse pratiche discorsive (specialistica, della persona e della famiglia) con l’obiettivo di costruire un tessuto narrativo che sostenga sia i movimenti di autonomia che quelli di dipendenza, entrambi fondamentali per un processo di crescita e maturazione individuale.

Alcune pratiche inclusive, invece, generano marginalizzazione perché facendo leva sul concetto di abilismo, sono alla ricerca di supporti e risorse per garantire l’inserimento: il riadattamento è l’approccio di una cultura che cerca di controllare il processo di identificazione, il suo obiettivo è l’identità, quel livello di simbiosi e confusione in cui si azzera la pluralità.

A diciotto anni Temple Grandin si costruì una macchina per gli abbracci, perché aveva visto che le mucche diventavano mansuete dentro la gabbia di contenimento del veterinario: due assi di compensato che si stringevano dolcemente ai lati di una panca rappresentarono per lei una possibilità di calmarsi e le fecero conoscere quel mondo animale che ha rappresentato il suo contesto di lavoro.

La Grandin ritiene che la sua mente autistica rappresenti un vantaggio per lei, perché le consente di cogliere dei particolari, invisibili agli altri: “Bene, nel mio lavoro col bestiame, ho notato un sacco di piccole cose che gran parte della gente non nota e che fanno impuntare il bestiame”.

Il contributo più importante della tradizione di pensiero strategica è proprio questa: la valorizzazione delle caratteristiche individuali, l’abbandono di una modalità di osservazione dell’altro secondo rigide categorie sano/malato, normale/anormale, l’abbraccio con quella curiosità, che secondo Bateson, non ci restituirà il potere come ricompensa, ma la bellezza.

Il mondo avrà bisogno di tutti i tipi di menti che lavorino insieme. Dobbiamo lavorare per sviluppare tutti questi tipi di menti” (T. Grandin).

Dott. Andrea Stramaccioni

 

Bibliografia e Sitografia:

  1. Grandin T., Il mondo ha bisogno di tutti i tipi di mente, Tedtalk;
  2. Medeghini R., Valtellina E., (2006), Quale disabilità? Culture, modelli e processi di inclusione, Franco Angeli Editore, Milano;
  3. [1] https://www.tempi.it/michel-petrucciani-un-gigante-dell-umano-che-cercava-un-senso

 

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IIRIS al convegno della Kiwanis

L’IIRIS al convegno della Kiwanis per presentare il service IIRIS – Un fiore per Amatrice generosamente finanziato dalla Kiwanis Club.

 

BERGAMO — Sono quindicimila i minori stranieri non accompagnati censiti in Italia. Il 10 per cento di questi sono bambine o ragazzine, in maggioranza nigeriane, che rischiano di finire nel terribile giro della prostituzione. E’ quanto emerso dal convegno organizzato sabato scorso dal club Kiwanis Bergamo Orobico, in occasione del suo 25esimo anniversario.

Il simposio, moderato dalla presidentessa del club bergamasco Elisabetta Marisa Fazzina, si è tenuto all’hotel San Marco di Bergamo. Presente il presidente della Federazione europea Kiwanis International Pietro Grasso che ha spiegato origini e scopi del service club fondato nel 1915 negli Usa e diffuso in tutto il mondo. “Questo club ha come finalità la difesa dei diritti e delle libertà dei bambini – ha detto -, perché ai bambini sia garantito il diritto alla vita, alla salute e all’istruzione. Per questo abbiamo messo in campo il nostro progetto Happy Children”.

Ad analizzare la delicata questione dei migranti minori non accompagnati, sbarcati a migliaia nel nostro paese, giuristi, psicologi ed esperti. A partire dal presidente del Tribunale dei minori di Brescia (che ha competenza anche su Bergamo) Vittorio Masia.

Masia ha spiegato i diversi passaggi legislativi che negli ultimi decenni hanno consentito al nostro ordinamento giuridico di essere fra i più avanzati in materia di difesa e tutela dei minori ma anche degli altri soggetti in stato di debolezza, a partire dalle donne. Il riferimento è alla terribile piaga dei femminicidi, che in Italia continuano a mietere vittime. “Nel nostro paese viene uccisa donna ogni tre giorni. E le statistiche ci danno la certezza, drammatica, che fra tre giorni ne verrà uccisa un’altra” ha detto il magistrato.

Molto resta ancora da fare. Ma molto è stato fatto. Secondo Masia, “il nostro ordinamento giuridico, in quanto a tutela di soggetti in stato di debolezza, ha molto da spiegare anche a quelli di altre democrazie avanzate”.

Una delle nuove iniziative introdotte è quella del tutore volontario. Ne ha spiegato le caratteristiche Gianmauro Madonna, giudice onorario del Tribunale dei minori di Brescia. La nuova figura è una sorta di “angelo custode” che si dedica a uno e uno solo minore non accompagnato presente sul territorio italiano. Persegue il riconoscimento dei diritti del minore, promuove il suo benessere psicofisico, vigila sui suoi percorsi di educazione e integrazione, vigila sulle sue condizioni di accoglienza, sicurezza e protezione. “Attenzione, non sostituisce altri ruoli specifici: avvocati, psicologi, assistenti sociali e così via – ha precisato Madonna -, bensì si tratta di una figura adulta di riferimento per il ragazzo, che compie insieme a lui tutte quelle scelte che solitamente si fanno insieme ai genitori, dalla scuola a cui iscriversi alla sanità”.

A Cristiano Beltrami, dirigente della Caritas diocesana di Cremona, il compito di analizzare i diversi aspetti dell’accoglienza in Italia. I numeri di un fenomeno del fenomeno dell’immigrazione minorile restano preoccupanti. “Buona parte dei bambini e dei ragazzini che arrivano in Italia finiscono nelle mani di organizzazioni criminali. La scelta è cinica fin dall’inizio. I trafficanti di esseri umani prediligono infatti i minorenni perché sanno che in Italia, per esempio nello spaccio, rischiano meno”.

“In questo momento la stragrande maggioranza delle ragazzine che arrivano in Italia sono nigeriane – ha continuato -. Eppure non riusciamo ad avere il benché minimo confronto con la comunità nigeriana. Così come non riusciamo con le etnie rom”.

Sempre a proposito di minori in difficoltà, la psicologa Francesca Mastrantonio di Iiris Roma, attraverso il progetto “Un fiore per Amatrice” si è concentrata invece sulla condizione di bambini, ragazzini e genitori che hanno vissuto il dramma del terremoto. “Il nostro obiettivo – ha spiegato la psicoterapeuta – è di sostenere ed elaborare i processi di adattamento al trauma. Queste persone hanno perso tutto. La loro vita personale, professionale, le certezze di una casa e soprattutto, una volta spenti i riflettori su di loro, vedono l’incertezza del futuro, si sentono abbandonati”.

“Noi lavoriamo su bambini e ragazzini dai 6 a 16 anni. Ma anche sui genitori. Fondamentale è stimolare la resilienza. Ovvero la capacità di ciascuno di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità”.

Certo non è facile. “Ad Amatrice ci sono ancora situazioni drammatiche, le abbiamo viste con i nostri occhi”, ha aggiunto il chairman del Kiwanis orobico Francesco Tassoni che ha visitato nei mesi scorsi le zone del sisma. “Quando si vedono da vicino queste cose, cambiamo i parametri con i quali misuri la vita”.

 

Fonte:http://www.bergamosera.com/cms/2018/03/26/tutela-dei-minori-convegno-kiwanis-a-bergamo/

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