Essere un/una bambino/a o un/una adolescente oggi è un lavoro duro. Sono tempi difficili non solo per i genitori ma anche per i/le figli/e. La famiglia ha subito cambiamenti radicali rispetto a quella dei nostri nonni o genitori; il lavoro corrode il tempo da dedicarsi, i/le figli/e non popolano più strade e cortili, il tempo sia degli adulti che dei/delle figli/e è scandito da ritmi serrati tra lavoro, spesa, scuola, palestra, piscina, calcio, danza, violino, cane da portare a fare i bisogni e chi più ne ha più ne metta. La baby sitter odierna è uno schermo che proietta video, giochi e qualsiasi materiale multimediale che riesca a sedare idee, pensieri, emozioni e capricci dei/delle più piccolo/e, e non solo.
Siamo nell’era del digitale, del global, dell’I-Tech, dell’iQualunque ma le emozioni sono sempre ancora emozioni, non possiamo delegarle a uno strumento bianco-grigio, ci appartengono e dobbiamo imparare a conoscerle, a riconoscerle, a gestirle e utilizzarle per il nostro benessere. Questo vale soprattutto per i/le figli/e che devono essere guidati/e in questo percorso dagli adulti di riferimento perché sono proprio loro a trasmettere le conoscenze emotive e sociali fondamentali e un ruolo fondamentale spetta anche ai giochi, agli spazi e ai tempi trascorsi con i pari.
I/le figli/e di oggi vengono sempre prima a contatto con realtà troppo difficili per loro o che comunque necessitano di mediazione da parte degli adulti: pensiamo al sesso, alle sostanze stupefacenti, ai casi di violenza, ai casi di aggressione e al numero sempre crescente di suicidi…
È necessario che i genitori siano attenti alla qualità del tempo che dedicano ai/alle propri/e figli/e e alla qualità degli interventi, che abbiano chiaro il proprio ruolo genitoriale e l’importanza del loro esempio anche rispetto alle competenze emotive e sociali quali la comprensione, l’autoregolazione, l’empatia, la gestione di situazioni conflittuali.
Uno degli strumenti fondamentali che i genitori hanno a loro disposizione è la comunicazione. Ciò che fa la differenza è il modo in cui i genitori interagiscono con i/le figli/e quando le emozioni diventano intense (J. Gottman). Quando i genitori hanno un atteggiamento empatico e aiutano i/le propri/e figli/e a riconoscere e gestire i sentimenti, pensiamo per esempio alla rabbia, incentivano la costruzione di un legame basato sulla lealtà e l’attaccamento. Il senso di responsabilità e l’obbedienza derivano dall’affetto e dal legame che il/la figlio/a percepisce all’interno del nucleo familiare. Dare attenzione alla comunicazione con i/le propri/e figli/e e avere un approccio educativo che tenga conto delle emozioni dei/delle più piccolo/e (e non solo) permette di sviluppare una solida relazione genitore – figlio/a.
La chiave per essere genitori di successo non si trova in teorie complesse, in regole familiari elaborate o in contorte formule comportamentali. Essa si trova nei sentimenti più profondi di amore e di affetto per i/le figli/e, e si dimostra semplicemente, attraverso l’empatia e la comprensione. Una buona educazione dei/delle figli/e comincia dal cuore dei genitori, e poi continua, momento per momento, nello stare vicini ai/alle figli/e quando la tensione emotiva cresce, quando essi/e sono tristi, arrabbiati/e o spaventati/e. L’essenza dell’essere genitori consiste nell’esserci in un modo particolare, quando esserci conta davvero” (J. Gottman).
Negli ultimi anni la scienza ha fatto passi da gigante riguardo le scoperte del ruolo che giocano le emozioni nella vita di ogni giorno. Sviluppare una buona intelligenza emotiva è fondamentale poiché è alla base del successo e della felicità, più di quanto possa fare il QI.
Riguardo ai genitori, avere intelligenza emotiva, significa riconoscere le emozioni dei/delle figli/e, avere capacità empatica nei loro confronti, rasserenarli e guidarli. Riguardo ai/alle figli/e poter osservare i genitori esercitare tale competenza emotiva significa imparare a controllare gli impulsi, sapere e accettare quando poterli soddisfare, trovare la giusta dose di motivazione, interpretare i segnali che provengono dal mondo sociale e poter usufruire delle proprie competenze per affrontare le situazioni più varie.
La vita familiare è la prima scuola nella quale apprendiamo insegnamenti riguardanti la vita emotiva. È nell’intimità familiare che impariamo come dobbiamo sentirci riguardo a noi stessi e quali saranno le reazioni degli altri ai nostri sentimenti; che cosa pensare su tali sentimenti e quali alternative abbiamo per reagire; come leggere ed esprimere speranze e paure. L’educazione emozionale opera non solo attraverso le parole e le azioni dei genitori indirizzate direttamente al/alla bambino/a, ma anche attraverso i modelli che essi gli offrono mostrandogli come agiscono i propri sentimenti e la propria relazione coniugale” (D. Goleman).
Gottman propone un percorso che chama “allenamento emotivo” rivolto ai genitori che vogliono incrementare la propria competenza emotiva.
Il percorso è composto di 5 fasi secondo le quali il genitore:
- diventa consapevole dell’emozione del/della bambino/a
- riconosce in quell’emozione un’opportunità di intimità e di insegnamento
- ascolta con empatia e convalida i sentimenti del/della bambino/a
- aiuta il/la bambino/a a trovare le parole per definire le emozioni che sta provando
- pone dei limiti mentre esplora le strategie per risolvere il problema in questione.
Figli/e che hanno genitori che mettono in pratica questo tipo di interazione hanno una migliore salute fisica, raggiungono risultati migliori a scuola, hanno rapporti migliori con i coetanei, di fronte a situazioni negative riescono a trovare in minor tempo le proprie risorse, insomma sono più emotivamente intelligenti.
Secondo Gottman il fondamento essenziale alla base de “l’allenamento emotivo” è una buona capacità empatica dei genitori. Quando si parla di empatia genitoriale si intende la capacità dei genitori dimettersi nei panni dei/delle figli/e. Quando i/le figli/e si sentono ascoltati/e, compresi/e e appoggiati/e non si sentono da soli/e ma percepiscono i genitori dalla loro parte. Nel momento in cui i/le figli/e sentono che i genitori sostengono i loro obiettivi e ne riconosco i sentimenti, saranno maggiormente disposti/e a farli entrare nel loro mondo, gli parleranno di loro stessi/e e non avranno timore di esprimere la loro opinione. I/le figli/e saranno meno riservati/e e si fideranno di più dei genitori.
Se i genitori riuscissero ad essere autenticamente empatici e a “comunicare questo tipo di comprensione emotiva si porrebbero, come direbbero i canoisti che discendono un fiume, “nella corrente”. Non importa quali rocce o quali rapide ci aspettano nel nostro rapporto con i/le nostri/e figli/e. Possiamo rimanere nella corrente e guidarli/e verso la foce. Anche se il corso del fiume dovesse diventare molto pericoloso, come avviene a volte nell’adolescenza, siamo in grado di aiutare i/le nostril/e figlie a oltrepassare ostacoli e rischi che possono trovare sulla loro strada”.
Riferimenti bibliografici
Gottman, J. (2015). Intelligenza emotiva per un figlio: una guida per i genitori. Milano: Bur.
Goleman, D. (1996). Intelligenza Emotiva. Milano: Rizzoli.